Pane, olio e vino connubio di “mediterraneità”
Si è inaugurata venerdì 22 settembre scorso presso la biblioteca del comune di Santeramo in Colle – G. Colonna -, la V° edizione de “I Sapori del Grano”, manifestazione internazionale a carattere nazionale organizzata da L’Albero Verde della Vita – associazione socio culturale di promozione sociale – Ente del Terzo Settore con un convegno dal titolo “Pane, olio e vino, i tre cibi sacri della cultura greco-romana: Storia e folklore della popolazione Italica”.
I pregnanti argomenti dall’alto spessore socio culturale, storico, pregno di interessanti spunti riflessivi etici e religiosi che gli insigni relatori hanno illustrato alla platea presente in sala ed a tutti gli utenti collegati in diretta streaming sulla piattaforma digitale messa a disposizione dall’associazione, hanno riempito presto e senza peso, ciò che è stato un collegarsi ed alternarsi di argomentazioni “senza tempo” che dai nostri antenati italici, ci hanno condotto all’attualità del nostro tempo attraverso un lunghissimo viaggio, accomunati da una forte identità storico, folkloristico e religiosa legata alla tradizione rurale dei pagi e delle culture contadine, madrine e figlie del pane, dell’olio del vino, del frumento e dei cerali che si sono succedute.
“Hora et labora” menzionavano i latini nelle cronache sacre e contadine: lo dimostra il fatto che le parole pane, olio e vino, oltre ad essere un oramai radicato connubio di “mediterraneità”, sono diventati millenari simboli della cattolicità cristianità ed ortodossa.
Così come quelle degli antichi greci, che ci chiamavano enotri ed esperini, ossia coloro i quali vivevano ad occidente nella terra del vino, centro culturale dell’allora gloriosa Magna Grecia in questo nostro sud della penisola italica, mirabile rappresentante di una grecità del passato, ricco di storia, di tradizione, di olio di vino e di pane. “Riprendiamoci questo mare Nostrum”, identità che oggi idealizza un “mare Vostrum” scenario di tragedie e sbarchi clandestini di immigrati, emigranti e fuggiaschi dal quel loro “Nostrum” che sentono non più loro esordisce Monsignor Giovanni RICCHIUTI, arcivescovo della Diocesi di Altamura, Gravina ed Acquaviva delle Fonti.
L’intervento di Sua Eccellenza, prosegue con la citazione di un verso del Salmo 104 ove la trinitarietà di questi alimenti, nominati più volte nelle sacre scritture – la parola pane viene citata per ben 300 volte – rimarca la grande valenza simbolica nell’etica spirituale di chi vive i frutti della terra, quale dono del Creatore. Pane spezzato quale alimento di condivisione: basti pensare che Betlemme che ha donato il primo natale al Cristo, in ebraico significa casa del pane.
L’olio, altro simbolo del cattolicesimo e della Cristianità che serviva, nella sua accezione più profana ad ungere il re per tonificare i suoi muscoli; mentre nel suo significato più profondo e cristiano veniva usato per la Santa unzione del Cristo, l’unto del Signore, segno di purificazione e benedizione.
Pianta secolare che nel mondo mediterraneo riveste molteplici ruoli tanto nella vita sociale e culturale delle popolazioni quanto nella sua sfera religiosa, ricorda il prof. Maurizio TRIGGIANI, storico dell’arte e docente di scuola secondaria; merce di rilevanti scambi commerciali tra l’Occidente e l’Oriente per sopperire alla preparazione di piatti che al contrario sarebbero stati preparati con grassi animali che alcune culture religiose non ammettono nella propria dieta.
L’olio diventa dominante nell’economia medievale passando dai Berberi ai Longobardi tanto che la Puglia lo esporta in Turchia come in Terra Santa.
Identità certa della tradizione e cultura mediterranea alla stregua del grano e del vino, testimonianze storiche e documentali risalenti al X° secolo trattano ed identificano a chiare lettere la presenza dominante di questa pianta in tutta la Puglia. Di rimando al pensiero di Monsignor RICCHIUTI, il prof. TRIGGIANI ricorda l’uso che si faceva dell’olio come combustile per le lampade, per condire i cibi oltre che per “ungere e benedire”.
Anche il vino, menzionato nelle sacre scritture, oltre ad essere il nettare che sazia il fisico, unitamente all’olio ed al pane, allieta il cuore, l’anima e lo spirito, sangue e corpo di Cristo.
Pane, vino ed olio sono espressione di “alimentazione sociale e condivisione generazionale”, lo afferma con entusiasmo l’avv. Valentina ROMANO – direttrice Dipartimento al Welfare, Politiche di benessere sociale della Regione Puglia.
“Quando penso al cibo, lo associo a due idee, una che è il benessere, la qualità della vita e l’altro è che è la comunità, la condivisione…” così come la condivisione sia alla base di ogni buona politica, o di ogni iniziativa in materia di comunità: esordisce la direttrice.
“Un importante sforzo consisterebbe nel settorializzare il comparto agricolo della regione, affiancando ai meno giovani dei “contadini emergenti” per proseguire la valorizzazione delle eccellenze agro-alimentari del sud e del territorio pugliese. Così facendo, le nuove generazioni, si sentiranno più vicine alla propria terra, alle proprie radici, evitandone la fuga verso altre mete, lontane dalle proprie tradizioni sociali e culturali” prosegue la ROMANO che nel concludere il proprio intervento sottolinea che i “giovani non devono abbandonare i più anziani in quell’ottica di condivisione generazionale e di sana inclusione circolare”.
Il sign. Giuseppe BARILE, dalla sua esperienza pluriennale di panificatore del panificio La Maggiore di Altamura e fondatore del consorzio di tutela del pane D.O.P. di Altamura, amplifica l’importanza del lievito madre quale ingrediente fondamentale per la produzione di un pane sano e buono che, sempre più spesso, purtroppo viene prodotto con grani d’importazione ricchi di glicosati. “Bisogna tornare a valorizzare i nostri grani autoctoni e non quelli frutto di modificazioni genetiche, principali indiziati di intolleranze alimentari e disturbi quali la celiachia che si fa passare come una malattia ereditaria o datata quanto in realtà è una disfunzione genetica venutasi a creare a seguito dell’importazione, nel nostro paese, di grani esteri”.
Orgoglio del panificio La Maggiore è la “ciambella federiciana”, una ciambella di lievito madre con il farro, il cereale che si usava 2000 anni fa. Un pane che possiede peculiarità terapeutiche e nutraceutiche oltre alla sua grande digeribilità che rende la “ciambella federiciana” una eccellenza della tradizione pugliese.
Saporita e salutare, la “ciambella” -creata ed inventata del sig. Giuseppe – “deriva da un’attenta osservazione della Cattedrale di Altamura voluta e fatta edificare da Federico II di Svevia nel XIII secolo, con lo splendido e scenografico portale realizzato sotto la dinastia D’Angiò nel XIV secolo.
Infatti, nel racconto dell’Ultima Cena, spiccano, sulla tavola imbandita, tre forme di pane a ciambella, sulle quali è impressa la stella di Davide”, come lo stesso racconta.
Dal sacro al profano con la ritualità dello “spaccatempo”, memoria della tradizione propiziatoria del folklore della Murgia: un’arcaica superstizione rituale attuata per tener lontano le piogge e le grandinate nel periodo della raccolta del grano, interviene la giornalista Anna LARATO, presidente di AIDE – Associazione Indipendente Donne Europee Santeramo.
Rituali legati alla magia, alla superstizione ed alle figure delle guaritrici di un tempo, in un susseguirsi di aneddoti ‘di paese’ che legati a ricordi passati, sono ancora vivi nella coscienza rurale contadina dei giorni nostri emergono dalla lettura di una poesia in vernacolo del poeta santermano Albero Dileone magistralmente recitata dalla sig.ra MARIA di AIDE.
A prosecutio del mondo mitico e leggendario del folklore popolare un’audizione video registrata a cura della redazione de La Linfa testata giornalistica dell’AVdV, nella quale si è rappresentata la storia della popolazione italica, dai primi abitanti della nostra amata penisola, ancora divisa politicamente e geograficamente, sino alla Sua unità e trasformazione in popolo italiano, attraverso una rivisitazione storico-socio-politico-culturale, tradizionale, mitica, magica, etica ed economica, approfondita in modo particolareggiato nella transizione folkloristica, pagana, politeista ed indirizzata verso un monoteismo cattolico cristiano ed ortodosso.
Un viaggio nel passato: dal primo animismo e sciamanesimo euroasiatico allo sviluppo dei primi culti e successive prime religioni che hanno sociologicamente e culturalmente relegato alla ruralità dei borghi contadini quegli ancestrali rituali propiziatori e magici delle prime credenze legate all’animismo celtico ed allo sciamanesimo anglo-germanico; credenze e cerimonie sabbatiche che scandiscono il passaggio ed il ciclo delle stagioni, dei solstizi e degli equinozi. Tradizioni da bocca ad orecchio, che seppur non scritte, vivono e ri-vivono ancora oggi, in uno spazio ed in un tempo, che sembra non sia trascorso mai.
Inserita nel festival di Cerealia “I Sapori del Grano” è stata insignita con la Medaglia d’onore della Presidenza della Repubblica e con la Medaglia di Rappresentanza del Senato della Repubblica.
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